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Il linguaggio del vino: 10 termini enologici per salire alle stelle / 3

Continuiamo il nostro piccolo glossario (a proposito, qui trovate la prima parte e qui la seconda) con altri 10 termini del linguaggio del vino.


1) Magnum

No, non è un detective privato dai baffoni scuri e dagli occhi verdi (però era un figo clamoroso, ammettiamolo). Si tratta di una bottiglia da 1,5 litri, il doppio di quelle «normali».

2) Metodo ancestrale

Probabilmente è la tecnica più antica tra quelle ancora in uso e attualmente sta conoscendo un vero e proprio revival.
Questo metodo prevede la rifermentazione naturale del vino in bottiglia grazie al residuo zuccherino rimasto dopo il processo di vinificazione.
La sboccatura non viene effettuata e quindi i vini spumanti o frizzanti ottenuti con metodo ancestrale, detti anche «sur lies» o «col fondo», si presentano torbidi e con sentori di lievito piuttosto accentuati.

3) Metodo Charmat (o Martinotti)

Con questo metodo la fermentazione in massa del vino base avviene in contenitori in acciaio inox sotto pressione (autoclavi) a temperatura controllata.
Procedimento più rapido e meno costoso del metodo classico, si usa per ottenere vini spumanti di pronta beva, anche dolci, in particolare da vitigni aromatici o semiaromatici (il Moscato d’Asti e il Prosecco sono esempi principe), in quanto mantiene i profumi primari delle uve in questione.

4) Metodo classico

Con il metodo classico (o méthode champénoise, ma unicamente per lo Champagne) si producono vini spumanti con seconda fermentazione in bottiglia, aggiungendo al vino base una soluzione di vino, lieviti selezionati e zuccheri (liqueur de tirage).
Dopo questa aggiunta, le bottiglie vengono tappate con tappo a corona e deposte in cantina in posizione orizzontale (sur lattes). Durante la fase detta «presa di spuma», i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, la quale andrà a costituire il perlage, ossia l’effervescenza.
Successivamente i lieviti si disgregano, donando al vino complessità e finezza gusto-olfattiva. Più lunga è la sosta sui lieviti, più complesso sarà lo spumante che si andrà a ottenere.
Rimando ai termini «remuage» e «sboccatura» per le fasi successive.

5) Muffa nobile (Botrytis cinerea)

Parassita che sembra amare particolarmente la vite, la Botrytis cinerea – detta anche muffa nobile – non è sempre dannosa: in alcune varietà di uva più resistenti e in presenza di un clima caldo e secco alternato a condizioni umide (rugiada mattutina o piovaschi), il fungo determina un aumento del grado zuccherino dell’uva.
Si producono così dei vini botritizzati, dolci e liquorosi, come il Tokaji, il Sauternes, il Monbazillac, le Trockenbeerenauslesen tedesche o austriache e i muffati italiani.

6) Nuovo Mondo

Tutte le regioni vinicole al di fuori dell’Europa (America meridionale, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Sudafrica, USA…).

7) Pas dosé, dosage zéro, brut nature, brut absolut, brut intégral, brut sauvage, brut zéro (e chi più ne ha più ne metta!)

Nei vini spumanti prodotti con metodo classico significa «non dosato», ossia che dopo la sboccatura non è stata fatta alcuna aggiunta di liqueur d’expedition (dosage).
Attenzione: non sono vini piacioni!

8) Orange wine

Orange is the new black!
Sempre più diffusi, gli orange wine sono ottenuti da uve a bacca bianca ma vinificati come i vini rossi, ossia con macerazioni del mosto a contatto con le bucce e i lieviti. In questo modo acquisiscono tannini, polifenoli, sostanze aromatiche e proteiche che li rendono una categoria a sé: si pensi solo al loro colore, ai loro sentori particolari e alla loro espressione al palato (non sono sempre di facile beva, anzi).

9) Ossidativo

Aspettate, non ho scritto «ossidato»!
Certo, l’ossidazione (vedasi sotto) è in grado di alterare negativamente le caratteristiche dei vini, ma lo stile ossidativo (con i suoi diversi metodi produttivi) va oltre l’omologazione del gusto e dà vita a espressioni nazionali e internazionali davvero uniche e intriganti, come il Vin jaune, il Marsala o lo Sherry.

10) Ossidazione

L’ossidazione è uno dei difetti del vino.
È una reazione chimica causata dall’ossigeno e può avvenire in fase di affinamento e di imbottigliamento oppure per problemi del tappo in sughero (ad esempio, se il tappo si dilata o si contrae, si sposta, si secca o si fessura perché la bottiglia è in verticale o si trova in un ambiente eccessivamente secco, permettendo lo scambio di aria e provocando un’ossidazione irrimediabile).
Il colore di un vino ossidato è tendente al marrone nei rossi e al giallo scuro nei bianchi; a volte può essere opaco.
Al naso odora di stantio, mentre al palato risulta «cotto», privo di freschezza, dolciastro («maderizzato») e allo stesso tempo amarognolo.


Nel prossimo post andremo a concludere questa nostra carrellata di termini enologici. Stay tuned!